Pulcinella

La maschera di Pulcinella, come la conosciamo oggi, è stata inventata ufficialmente a Napoli dall’attore Silvio Fiorillo nella seconda metà del Cinquecento, ma il suo costume moderno fu inventato nell’Ottocento da Antonio Petito.

Infatti, in origine, la maschera di Fiorillo indossava un cappello bicorno (diverso da quello attuale “a pan di zucchero”) e portava barba e baffi. Le origini di Pulcinella sono però molto più antiche. Le ipotesi sono varie: c’è chi lo fa discendere da “Pulcinello” un piccolo pulcino perché ha il naso adunco; c’è chi sostiene che un contadino di Acerra, Puccio d’Aniello, nel ‘600 si unì come buffone ad una compagnia di girovaghi di passaggio nel suo paese. Altri ancora, come Margarete Bieber, vanno ancora più indietro nel tempo fino al IV secolo a.C. e sostengono che Pulcinella discende da Maccus, personaggio delle Atellane romane. Maccus rappresentava una tipologia di servo dal naso lungo e dalla faccia bitorzoluta con guance grosse, con ventre prominente, che indossava una camicia trasformata in una veste larga e bianca.

Altri fanno risalire la maschera ad un altro personaggio delle Fabulae Atellanae: Kikirrus, una maschera teriomorfa (dall’aspetto animale) il cui stesso nome, infatti, richiama il versodel gallo. Quest’ultima maschera ricorda più da vicino la maschera di Pulcinella.

Le Atellane furono una tipologia di spettacolo molto popolare nell’antica Roma, potremmo paragonarle all’odierno teatro vernacolare o dialettale apprezzate soprattutto da un pubblico di basso ceto. Maccus rappresentava ora il sileno ora il satiro, in qualche caso la tipologia del servo con un lungo naso e la faccia bitorzoluta, camicia larga e bianca, Maccus portava una mezza maschera, come quelle dei comici dell’arte, aveva il ventre prominente e recitava con voce chioccia.

 

Fiorillo si ispirò a Puccio d’Aniello, il nome di un contadino di Acerra reso famoso da un presunto ritratto di Ludovico Carracci del quale si conosce un’incisione di Carlo Enrico di San Martino, dalla faccia scurita dal sole di campagna ed il naso lungo, che diede vita al personaggio teatrale di Pulcinella. Pulcinella ha incarnato e continua ad incarnare il tipo napoletano, ancora oggi all’estero, il personaggio che, cosciente dei problemi in cui si trova, riesce sempre ad uscirne con un sorriso, prendendosi gioco dei potenti pubblicamente, svelando tutti i retroscena. Molti autori attribuiscono l’origine del nome all’ermafroditismo intrinseco del personaggio, ovvero un diminutivo femminilizzato di pollo-pulcino, animale tipicamente non riproduttivo, del quale in un certo senso imita la voce. Un’altra teoria afferma che il suo nome derivi dalla corruzione di un cognome molto in voga in Campania, Pulcinello o Polsinelli. In tale accezione Pulcinella si riconferma come figura di tramite uomo-donna, stupido-furbo, città-campagna, demone-santo salvatore, saggio-sciocco, un dualismo che sotto molti aspetti configura la definizione pagano-cristiana della cultura popolare napoletana.

 

NELLA COMMEDIA DELL’ ARTE
Pulcinella come personaggio del teatro della commedia dell’arte nasce ufficialmente con una commedia del comico Silvio Fiorillo: La Lucilla costante con le ridicole disfide e prodezze di Policinella, scritta nel 1609 ma pubblicata soltanto nel 1632 dopo la morte dell’autore.

Silvio Fiorillo, che già era famoso con il personaggio di Capitan Matamoros, con Pulcinella, probabilmente, risuscita un personaggio già presente nella tradizione del teatro napoletano. Calcese eredita la maschera da Fiorillo. In altri testi è Michelangelo Fracanzani ad ereditare la maschera da Calcese.

Il nome di Pulcinella è cambiato nel corso degli anni, anticamente era Policinella, come si vede dal titolo della commedia di Fiorillo, o Pollicinella. Partito da Napoli in compagnia di altri personaggi come Coviello, Pascariello e una lunga fila di capitani vanagloriosi come Matamoros e Rodomonteche parlavano una lingua franca a metà tra il napoletano e lo spagnolo, Pulcinella con Silvio Fiorillo approdò nelle grandi compagnie comiche del nord e divenne l’antagonista di Arlecchino, maschera bergamasca, il servo sciocco, credulone e sempre affamato di quella fame atavica dei poveri diavoli.

Anche nell’aspetto Pulcinella è cambiato nel corso dei secoli, la sua maschera è stata chiara o scura a seconda dei periodi, il pittore veneziano Giandomenico Tiepolo lo dipinge in ambedue i modi, ma siamo già nel XVIII secolo. Nel 1621 nella raccolta d’incisioni intitolata I Balli di Sfessania, il francese Jacques Callot rappresenta il suo Polliciniello con la maschera bianca, il ventre prominente diventa una gobba, anzi spesso una doppia gobba, come nella versione francese, altre volte la gobba scompare come nei disegni del pittore romano del ‘700 Pier Leone Ghezzi dove è rappresentato con la maschera nera.

Comunque, la più importante raccolta di lazzi pulcinelleschi rimarrà quella del seicentesco Padre Placido Adriani.

A Napoli, all’inizio del Settecento, la fortuna del personaggio di Pulcinella ha bisogno di uno spazio proprio, per questo verrà costruito appositamente un teatro per le commedie in dialetto: il San Carlino dove lavoreranno famosi Pulcinella come Petito e Altavilla.

Forse l’aspetto del Pulcinella che conosciamo oggi è quello dei disegni di Ghezzi, filtrati attraverso il costume che per anni indossò il più longevo e prolifico attore di farse pulcinellesche: Antonio Petito. Addirittura si è ipotizzato che la forma della maschera, in particolare nelle versioni più recenti, interpreti un comun denominatore delle caratteristiche somatiche (e craniometriche) che contraddistinguono il popolo dei vicoli. Nello studio, La vera storia del cranio di Pulcinella, una serie di caratteristiche somatiche, come le arcate sopracciliari pronunciate e gli occhi incavati, si suppone siano tramandate con grande frequenza nei fitti e chiusi microsistemi dei quartieri popolari di Napoli.

 

EDUARDO … O FAMOSO PULCINELLA
Eduardo De Filippo (1900-1984) vestì spesso i panni di Pulcinella, soprattutto all’inizio di carriera. Nel settembre 1958 a Milano per inaugurare la stagione del Piccolo Teatro mise in scena un adattamento della commedia di Pasquale Altavilla Pulcinella in cerca della sua fortuna per Napoli. Nel 1957 scrive Il figlio di Pulcinella, commedia in cui il trickster partenopeo vecchio e servile muore riscattato dal figlio venuto dagli Stati Uniti che ha deciso di togliersi la maschera per non essere più assoggettato.

 

PULCINELLA NELL’ARTE
Pulcinella è protagonista in alcune opere pittoriche di Giambattista Tiepolo e di Giandomenico Tiepolo.

In particolare, Giandomenico Tiepolo (1727-1804), figlio del più celebre Gianbattista, si cimentò ripetutamente nella rappresentazione della figura di questo personaggio, proponendola in opere pittoriche e disegni. Tra il 1759 e il 1797, Pulcinella fu infatti uno dei soggetti proposti negli affreschi per la villa di famiglia a Zaniago (cittadina in provincia di Venezia che aveva dato i natali al pittore) e oggi conservati al museo veneziano Ca’ Rezzonico.

Alla fine del XVIII secolo, il Tiepolo realizza anche una serie di 104 disegni dal titolo “Divertimento per ragazzi” che vede come protagonista la medesima maschera teatrale partenopea.

La scelta di rappresentare ripetutamente un personaggio così stravagante, ambiguo e beffardo della commedia dell’arte, trovava infatti la sua motivazione nel fatto che rappresentava appieno quel momento storico di crisi in cui vessava la società europea alla fine dell’ancien régime e l’attesa di quel cambiamento che andava preannunciadosi con l’avvento della Rivoluzione Francese: Pulcinella infatti, irridente sbeffeggiatore dei potenti, guarda sempre con ironia e scetticismo ai mutamenti del mondo, smascherandone ogni volta la retorica delle sue sorti.

 


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